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Salutati, Lino Colùccio.

Umanista e uomo politico italiano. Visse in un primo tempo a Bologna, dove il padre si era rifugiato in esilio, iniziandovi gli studi di Giurisprudenza e intraprendendo poi la carriera notarile, che proseguì per un ventennio in diversi centri toscani. Corrispondente di F. Petrarca e di G. Boccaccio, ammiratore di Dante, individuo dai vasti interessi culturali e politici, fu poeta in latino, filosofo, politico e letterato: trascrisse le Lettere familiari di Cicerone e raccolse le opere di numerosi autori dell'antichità, fra cui Ovidio, Seneca, sant'Agostino. Convinto assertore della validità degli studia humanitatis, intesi non come sterile imitazione di modelli classici ma come riscoperta di valori umani e universali, si adoperò per diffondere la cultura umanistica; contribuì pure al rinnovamento della scrittura libraria, poi culminato ai primi del Quattrocento con la creazione della scrittura “antiqua”. Sul piano politico, incessante fu la sua attività: dapprima cancelliere del Comune di Todi e di quello di Lucca, nel 1375 fu chiamato a Firenze, come segretario della prima cancelleria, la più alta magistratura stabile allora esistente in uno dei più potenti Stati italiani. Egli considerò questa città la sua vera patria al punto da prenderne le difese, in una Invectiva (1403), contro gli attacchi mossi da A. Loschi, portavoce della politica viscontea. S. ebbe modo di lavorare accanto ai principali responsabili della politica del tempo e trasferì nelle sue numerose opere la propria esperienza quotidiana. Specchio fedele del suo vissuto è l'Epistolario (14 volumi), che accompagna e commenta la sua esistenza dal 1360 al 1406, fornendo inoltre un'interessante e vivace rappresentazione della società trecentesca. L'Epistolario comprende lettere di vario genere, che spaziano da quelle familiari a quelle più direttamente politiche e polemiche, nelle quali S. prende posizione sui maggiori problemi del tempo. La visione del mondo che sorregge l'attività artistica di S. è di chiara impostazione umanistica, di continua esaltazione dell'impegno mondano, del rapporto inscindibile fra cultura e politica e dell'importanza della vita spirituale dell'individuo. La sua prosa, in latino, risente della lezione petrarchesca e dei modelli classici, in particolare modo di Cicerone, pur ereditando aspetti e momenti formali della civiltà letteraria dei secoli precedenti. Fra le sue opere sono anche alcuni trattati morali, interessanti per la comprensione della cultura del tempo, più che per intrinseche qualità artistiche: al contrario, la forma è spesso greve e legata a moduli espressivi superati. Fra questi, sono da menzionare il De seculo et religione (1381), in cui ai mali della vita del Trecento l'autore contrappone le gioie della condotta religiosa, il De verecundia (1380) e il De fato, fortuna et casu (1399), difesa della libera volontà e della grazia divina, in polemica con l'astrologia e la geomanzia che si fondavano su una visione deterministica del mondo. Di maggiore valore è il De nobilitate legum et medicinae (1400), in cui S. riprese la polemica di Petrarca contro una certa concezione della scienza naturale, sostenendo con vigore il profondo significato delle scienze dell'uomo e di ogni attività volta al mantenimento della società civile. Rilevante è pure il De laboribus Hercules, in cui lo scrittore, rifacendosi ad Aristotele, rivalutò pienamente la poesia e l'esperienza artistica degli antichi, nell'ambito del dibattito, sviluppatosi intorno alla metà del Trecento, che coinvolgeva non solo l'ambito letterario, ma anche e soprattutto l'intera tradizione culturale, morale e religiosa del tardo Medioevo. Infatti, S. combatté una vera e propria battaglia culturale e politica con il domenicano Giovanni Dominici, il quale interpretava la rivalutazione della poesia e della mitologia degli antichi come prova della volontà di rompere il rapporto esistente fra cultura e verità cristiana. Per la sua attività letteraria, per il suo impegno politico, per le sue doti di oratore e di polemista, per la tensione morale che contrassegnò il suo operato, S. è da considerare un promotore e un importante protagonista dell'Umanesimo (Stignano in Valdinievole, Pistoia 1331 - Firenze 1406).